lunedì 7 marzo 2016

Live Wine - Salone internazionale del vino artigianale

Da perfetta inesperta (tipo Albanese che fa il sommelier) mi sono calata per qualche ora nella per me affascinante pratica dell'assaggio di vini: la manifestazione è evidentemente rivolta ai professionisti del settore ma tante altre persone curiose e più o meno preparate nella degustazione affollano i banchetti degli espositori, a volte faticando un po' per ottenere quel goccio che ti viene offerto.
All'ingresso si prende un bicchiere (niente tasca portabicchiere, perché antiecologica), la brochure con l'elenco degli espositori e la mappa e si comincia il giro: assaggiare tutto è impossibile, almeno per me. Con il mio accompagnatore abbiamo anche escogitato una tecnica antispreco, per non gettare l'avanzo nell'apposita vaschetta: metà per ciascuno - certo, quando la quantità dell'assaggio è davvero ridotta, il secondo si becca il fondo del bicchiere, che rende qualsiasi vino una schifezza indistinguibile. Così dopo un po' incominciamo usare anche l'altro bicchiere.
Fiera del vino artigianale, quindi niente solfiti in molti casi (alcune aziende presentano solo vini senza solfiti aggiunti); non tutti vendono direttamente, e parecchi di quelli dai quali si poteva acquistare direttamente hanno terminato le scorte la domenica pomeriggio.
Il mio percorso si è personalizzato con gli assaggi dei vini bianchi sloveni e friulani, una passione di lunga data, forse cominciata quasi vent'anni fa con uno dei vini migliori, l'Oslavje di Radikon (Gorizia). Da simili vette non si può che scendere, poi. Un vino che va sul mercato dopo almeno nove anni di affinamento. Di Radikon abbiamo fatto l'assaggio completo: Slatnik, Jakot (tokaj), Ribolla, Oslavje. Poi, per non farci mancare niente, anche il Merlot - veramente super, da far dimenticare tutto il merlot bevuto finora (sempre detto da una che ne capisce poco ma assaggia tanto). Purtroppissimo avevano finito le scorte, ma così le nostre tasche erano salve.
Fra gli sloveni di Brandulin abbiamo assaggiato in successione Malvasia, Jakot, Rebula (l'accento è sulla 'u', mantenuto nell'italiano ribolla), Belo, e poi quelli dei produttori Batic, Movia, Sveti Martin, Čotar, JNK, Kramar. I vini sono sempre più o meno pinot grigio, malvasia, jakot, rebula e uvaggi (per lo più con chardonnay, sauvignon).
Fra gli italiani Podversic, Princic e il citato Radikon.
Un assaggio anche di vino della Mosella, dolcino, assai meno soddisfacente per il mio palato.
Non potevo ignorare il vino macedone (Grecia), così ho fatto un paio di assaggi - uno particolarmente buono) del produttore Ktima Ligas.
Incredibile ma vero, mi sono astenuta dall'assaggiare i miei amati vini francesi (e c'era pure un Sauternes...).
Comunque, dopo una sosta obbligatoria per procacciarsi la cena al banco dei formaggi e a quello del pane più caro del mondo, ripartiamo alla ricerca di una bottiglia di vino rosso per accompagnare la suddetta cena (eh sì, sono un tantino stagionale e quando c'è ancora la neve preferisco bere vino rosso). Qui l'esperienza si fa più ardua: il vino rosso asolfitico-artigianale-biologico ha per il mio personale gusto troppe incertezze e non è tanto facile trovare qualcosa di soddisfacente - e così... via ancora con assaggi! Troppo acidulo il barbera della Cascina Roccalini, passiamo ad assaggiare il roero della Cascina Fornace, due varianti di sangiovese della Cantina Margò (Umbria), il Pignatello di Barraco (Sicilia), il teroldego (forse Beato me, ma ormai non so più quale) di Redondel, veramente buono ma ha finito tutte le bottiglie. Alla fine - si fa tardi - penso che in Emilia Romagna troveremo un vino onesto e gradevole. Torniamo a casa con una bottiglia di Il Maiolo 2006 (barbera, bonarda, cabernet sauvignon, merlot).
Divertente. Magari per la prossima edizione meglio introdurre il bancomat, sia per l'ingresso che per l'acquisto, èh.

livewine.it, Palazzo del ghiaccio, Milano.



Nessun commento:

Posta un commento