mercoledì 23 marzo 2016

Dopotutto

«Dopotutto c’è del buono in quel fine sapore vegetariano di cose venute dalla terra, l’aglio dopo puzza, beninteso, i suonatori di organetto italiani sempre con le loro cipolle, funghi, tartufi. C’è anche la sofferenza degli animali. Spennare e svuotare un volatile. Al mercato del bestiame le povere bestie aspettano di farsi spaccare il cranio con un’ascia. Muuuu. Poveri vitellini tremanti. Meeee. Lattanti che barcollano. Bue e cavoli cotti. Nei secchi dei macellai le rigaglie respirano ancora. Mi dia quel pezzo appeso al gancio lassù. Plup. Testina e ossa insaguinate. Pecore scuoiate con occhi vitrei appese per i piedi, musi di montone nel cartoccio sanguinolento, narici che sgrondano gelatina nella segatura, scarti e ritagli nella spazzatura. Non rovinarmi quei pezzi, ragazzo.»

J. Joyce, Ulisse, trad. di Gianni Celati.

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