sabato 14 marzo 2015

Pizza remake

La chiamo così perché è il rifacimento casalingo di una pizza surgelata in vendita alla Coop. Assai buona, ma perché non riprodurla in modo artigianale nella speranza di evitare oli vegetali o aromi e simili? Mentre continuo a tenere alto il livello di attenzione sulla presenza dell'olio di palma nei biscotti e nei dolciumi in generale - e si trova veramente ovunque, compresi i prodotti del commercio equo (adieu) -, devo prendermi il tempo di controllare anche il resto: se c'è la dicitura 'oli vegetali', non si compra.
Il fatto è che dal 13 dicembre scorso è entrata in vigore la nuova normativa sull'etichettatura degli alimenti che per alcuni aspetti è meno rigida di quella già in vigore in Italia (D. Lgs 109/1992), specie per quanto riguarda la tracciabilità (si legga una nota del Codacons; ne ha parlato "Repubblica"): in altre parole si potrebbe far dimenticare l'origine tipica di un prodotto (ri)producendolo più o meno in qualsiasi parte del mondo, ovvero "incoraggiando i cloni del Made in Italy"). E c'è invece chi vede con favore la nuova normativa ("Wall Street International").
L'argomento è abbastanza intricato, la posizione ufficiale del governo italiano si può leggere sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico, dove si vede che l'obbligo dell'indicazione di origine riguarda solo pochi prodotti. A leggerlo, più che altro vien voglia di approfondire, se non si è esperti in materia.

Ma ho divagato.
Ecco la pizza: in una sola padella (io sono molto affezionata al mio similwok) ho fatto cuocere, separatamente, uno dopo l'altro, gli ingredienti: una patata a fettine con poco olio, champignon con aglio, una manciata di spinaci, quindi ho composto la pizza. Forno preriscaldato ad alta temperatura, olio crudo e scaglie di parmigiano prima di servire.

Nessun commento:

Posta un commento