domenica 26 marzo 2017

Le erbe spontanee nel piatto - Raccolta e degustazione

Corso principianti. Non mi azzarderò per ora a mettere nel piatto erbe che non so ancora identificare con certezza ma questa occasione è stato un inizio molto interessante. Accompagnati da Mariuccia Chierico (87 anni portati magnificamente) abbiamo perlustrato alcuni tratti di prato della Cascina Sciareda a Cittiglio alla ricerca di erbe selvatiche commestibili.
Di erbe selvatiche avevo già parlato nella negletta versione francese di questo blog: Les herbes folles.
Appuntamento organizzato da Slow Food Varese (bello sarebbe ripeterlo con l'avanzare della stagione).
Spero di avere ben trascritto quanto ci è stato detto. Non vi servirà per partire alla ricerca di piante selvatiche: il mio intento è solo quello di suggerire quante meraviglie ci offre un prato intatto, sia dal punto di vista alimentare che curativo.
Faccio un resoconto stringato di quanto abbiamo imparato. Si comincia con alcune premesse. Per esempio: ogni erba ha un nome locale, prendiamo la selene (Silene vulgaris): è chiamata anche sarsézz (lombardo), sgrìso(l)i (veneto); è molto dolce e si usa nelle frittate.
Impariamo anche il nome di qualche pianta non commestibile (i link sono a Wikipedia):
celidonia – rilascia un succo giallo quando viene spezzata; è un alcaloide e, sebbene non commestibile, alcuni la consigliano per i pediluvi.
"Cichita" (cicuta).
Ranuncolo scellerato. Provoca piaghe e non ci si può nemmeno giocare. Cura la sciatica, però. Anche se il rischio che si formino piaghe dalla guarigione lunghissima è elevato.
Gallium verum.
Lattuga virosa. Bella ma non commestibile, come spesso accade con i funghi. Quando è più avanti, rilascia un lattice bianco se la si spezza.
Vilucchio. Da sterminare, Mariuccia dixit.

Lattuga virosa


Delle piante commestibili le foglie vanno consumate prima della fioritura: quando fiorisce, la pianta dedica tutte le sue energie al fiore e le foglie diventano dure, amare. In generale vanno preferite le erbe che presentano una pianta ‘pura’, isolata, intera in tutte le sue parti: del tarassaco, per es., con fiorellini/capperi, foglie belle frastagliate.
Le piante vanno pulite sempre subito, appena raccolte, al sole, lasciando cadere le parti di scarto nel prato, perché rigermoglino oppure diventino humus. Si pulisce sempre ogni erba nell’orto. Dopo il taglio la pianta si biforca. Eliminando la parte centrale, che va in canna, o il fiore, le foglie esterne si raddrizzano e ricostituiscono la pianta di foglie tenerelle.
Le verdure comprate, per essere mantenute a lungo, vengono ovviamente trattate con qualcosa di cui non conosciamo i componenti e che molto probabilmente non fa troppo bene alla salute.

Abbiamo poi assaggiato, durante il pranzo alla fine della raccolta, i ‘capperi’ di tarassaco sottaceto; anche questi hanno diversi nomi a seconda della regione. La prima sbocciatura è la migliore; sono ricchi di vitamine e sali minerali. Vanno sciacquati, sbollentati in acqua e aceto e poi conservati sott’olio (più rischioso per il botulino, se non vengono consumati rapidamente) o sottaceto.

'capperi' di tarassaco


Ogni erba ha la sua corrispondente non commestibile.
Artemisia / assenzio
Rap(er)onzolo / erbaccia

L’elleboro è velenoso, come l’oleandro. In generale non bisogna mai cogliere un’erba buona che sia cresciuta vicino a una pianta non commestibile, perché quella buona ne viene intossicata.

Ed ecco le erbe selvatiche commestibili.

Achillea millefolium. La foglia si sgrana e si utilizza per es. per insaporire un formaggio caprino. Ha principi astringenti ed emostatici, infatti prende il nome dall’erba con cui Teti cura Achille; protegge i capillari.

Aglio orsino (Allium ursinum). Se ne percepisce la presenza dall’odore. Ha radici tenerissime e la foglia si usa per farne un pesto (quello che abbiamo assaggiato era fatto con le foglie, parmigiano, pecorino, pinoli e mandorle). Le foglie si usano anche in insalata. Abbiamo assaggiato anche tartine al caprino con aglio orsino.

Artemisia vulgaris. Ottima in pastella o cruda se tenerella.

Artemisia vulgaris


Bardana. Ha fogliolina/germoglio amaro e una radice che scende molto in profondità nel terreno; ha funzioni depurative, rimette a posto lo stomaco. Con le radici delle bardanine si produce il caffè per i diabetici (non provate a farlo in casa!). Attecchisce anche con poca radice; si mangiano i germogli.

Carota selvatica. Produce una carota bianca; è un succedaneo del prezzemolo.

Carota selvatica (a sin.) e Achillea millefolium (a destra)


Cicoria intybus. Forse ne abbiamo prelevato dei semini da una pianta ormai secca.

Consolida. Fa dei fiorellini a campanella giallini, blu, viola. Attenzione alle confusioni con piante simili ma tossiche.

Edera terrestris. Ottima per la tosse ma fiorisce tardi (rispetto a quando di solito si prende la tosse).

Erba cucca (Rumex acetosa). Contiene vitamina C.

Malva silvestris. Disinfiammante.

Menta. Ha proprietà antisettiche.

Mentuccia o nepetella (nepitella). Tipo di menta pregiata, tipica della cucina toscana (con i fagioli dall’occhio).

Ortica: è questo (fine marzo) il momento per coglierla. Nel risotto le foglie vanno aggiunte a fine cottura, a fuoco già spento perché non perdano le proprietà. Per evitare l’effetto urticante (aculei di silicio) durante la raccolta, è sufficiente ‘schiaffeggiarla’ con un guanto o perfino a mani nude, se si è esperti. Poi si prendono le foglie superiori e si tagliano via, senza gambo; gambi e rametti possono essere bolliti, magari insieme a del tarassaco, ottenendo un infuso, da bere a digiuno (ottimo diuretico). Per il tarassaco occorrono 10 minuti di bollitura e bisogna avere il palato abituato al gusto amaro.
È ottima su insalate poco saporite: se per esempio si aggiungono prezzemolo e ortica, le carote migliorano notevolmente. Attenzione a distinguere l’ortica commestibile, scura, da quella bianca, non urticante e puzzolente.

Parietaria o pianta vetriola. Ha proprietà diuretiche e viene usata anche per pulire le bottiglie.

Petacciola. Si usano solo le foglie e vanno consumate cotte. Se ha già il getto non è più tanto buona (cercando in rete si ottiene che la petacciola è la piantaggine o plantago, vedi sotto).

Pimpinella. Si sgrana (togliendo le foglie come con il timo o il sedano verde); il gambo non viene utilizzato, è legnoso.

Pimpinella


Plantago maior o piantaggine o erba della madonna. Si usa il germoglio piccolo, che non sia stato calpestato. Come la pellicina più interna dell’aglio, ha proprietà cicatrizzzanti: per le sbucciature, passare aceto sulla ferita, quindi la piantaggine dopo averla sfregata un pochino; farla attaccare alla pelle come un cerotto.

Plantago lanceolata. Si usa nell’insalata; ricorda lo spinacio ma è meno viscida. Piace ai conigli e alle lumache.

Porcellana o portulaca. Si trova a giugno, a marzo è troppo presto; ha una fogliolina piccola, grassa.

Primula. Le foglie sono buone crude e cotte. Ottime come tisana contro il raffreddore (altro che tachipirina).

Raponzolo. Ha una radicetta bianca da consumare cruda; ha un fiorellino blu e foglie simili e a quelle di moltissime erbacce. Non facile da trovare.

Raponzolo

Rovo. Commestibile a febbraio, quando spuntano le foglioline, a marzo è già un po’ tardi. Deve essere ancora tenero e senza spine. Bisogna prendere i primissimi germogli. Quando si fa bollire prende un colore giallo.

Sonchus (grespino). Insalata selvatica comune.

Sonchus


Stellaria. Dolce, si raccoglie prima della fioritura e si mangia in insalata.

Tarassaco (Pissenlit). I fiori e solo i fiori (bisogna avere molta pazienza a pulirli ma non occorre lavarli anche perché è impossibile) servono per fare un’ottima marmellata, ma vanno raccolti in grande quantità, puliti, appunto, e fatti bollire almeno due ore con lo zucchero.

Vinca minor (pervinca). Si usa la fogliolina, il fiore no. Amarissima. Se ne possono mettere le foglioline nel vino dolce, e dopo una ventina di giorni il vino avrà un gusto molto particolare e buono.

Tasso barbasso. Cresce fino a 2 metri di altezza, è ottimo per curare la tosse.

Vitalba o luppolo. È ancora presto per questo germoglio. Si prende solo il pezzettino in cima. È una infestante; produce nodi legnosi. Anche di questa pianta si utilizzano i germogli primaverili.


Uno dei piatti del pranzo alla Cascina Sciareda:
frittate con papavero (rosolaccio), ortica, sonchus
e insalata di tarassaco, pimpinella, topinambur